Intervista a Federica Cavenaghi. In occasione della Giornata mondiale dell’orgoglio bisessuale, che ricorre ogni 23 settembre, abbiamo chiesto a Federica Cavenaghi, attivista e Workplace supervisor in EY, di raccontarci la sua esperienza da persona bisessuale.
D – Quali sono i pregiudizi più diffusi sulla bisessualità? Quali frasi giudicanti ti sei sentita ripetere?
R – “Le persone bisessuali sono confuse”
“Le persone bisessuali sono in realtà etero o gay/lesbiche. È solo una fase”
“Le persone bisessuali sono attratte al 50% dagli uomini e 50% dalle donne”.
“Le persone bisessuali sono infedeli”.
“Le persone bisessuali sono attratte solo da uomini o donne cis”.
Bisessualità vuol dire che una persona può essere potenzialmente attratta sessualmente/romanticamente da più generi. Non solo da uomini e donne, ma da ogni genere. E non ci sono percentuali. E non vuol dire che una persona bisessuale debba voler stare con più persone contemporaneamente.
Molta gente pensa che le persone bisessuali siano confuse o indecise, oppure sono convinte che sia una scelta. L’orientamento sessuale e l’identità di genere non sono mai una scelta, e il momento in cui si diventa consapevoli di chi si è porta sempre gioia, ma purtroppo anche qualche problema, come discriminazione e i pregiudizi che si possono incontrare. Parlando sempre di “scelta”, l’opzione più gettonata per chi crede che lo sia è l’idea di voler seguire una “moda”, come se fosse divertente. Io, se potessi, sceglierei di essere come sono, ma cosciente che sarebbe una scelta scomoda, perché nel mondo di oggi, se non si è come la maggior parte della gente si aspetta, è più difficile vivere tranquillamente. Quindi non mi stupirei se alcune persone rispondessero che sceglierebbero di essere etero. C’è chi pensa poi, purtroppo anche tra le persone della comunità lgbtqia+, che sia una scelta di comodo, per non dichiararsi gay o lesbiche. Perché alcune persone vedono la bisessualità come più semplice da gestire e/o da nascondere (perché, per esempio, se sei donna e stai con un uomo puoi anche non dire nulla, e la gente ti vedrà come eterosessuale).
La frase che mi è stata detta e che più mi ha dato fastidio è “se non sei stata sia con uomini che con donne non puoi definirti bisessuale”. Il problema è che quando mi sono sentita dire questa cosa, io ero stata solo con un ragazzo, e questa esperienza bastava per invalidare quello che sentivo e provavo, nonostante fossi molto consapevole di chi ero già da molti anni prima di avere la mia prima relazione. E se fossi stata prima con una donna? Avrebbe voluto direi che ero lesbica, perché non ero ancora mai stata con un uomo? Sei etero anche se non hai ancora avuto nessuna esperienza. Sei gay/lesbica anche se non hai ancora avuto nessuna esperienza. Vale anche per le persone bisessuali. Quello che definisce chi siamo è quello che sentiamo, che proviamo, che viviamo dentro di noi.
D – Quando hai capito di essere una persona bisessuale? E come ti sei sentita?
R – Dentro di me ho sentito molto presto di poter provare attrazione verso persone appartenenti a più generi diversi. Da ragazzina, quando ancora non conoscevo la parola “bisessualità”, ero già abbastanza consapevole di ciò che provavo. Però per molto tempo ho ignorato la questione, un po’ perché non mi interessava (io ero così e mi andava bene), un po’ perché per molto tempo ho avuto altre difficoltà a cui pensare, un po’ perché volevo rimandare il problema della gente a quando sarei stata effettivamente con un’altra persona. Perché sapevo che, in quanto donna, se avessi iniziato una relazione con una persona diversa da un uomo, sarebbe potuto diventare un problema.
Mi sono sentita diversa, strana, un po’ sola, quando pensavo ancora di essere l’unica a sentirmi in quel modo perché non conoscevo la comunità lgbtqia+ e non avevo persone con cui confrontarmi, ma non mi sono mai sentita sbagliata. In certi momenti mi sono sentita abbandonata e spaventata, perché ascoltavo e leggevo, vedevo le notizie, e avvertivo che non ero “al sicuro”, e mentre la fiducia nel mondo e nelle altre persone diminuiva, avevo la sensazione di non poter essere pienamente me stessa.
D – Cosa vuole dire, per te, essere bisessuale?
R – Essere bisessuale per me vuol dire provare un’attrazione verso le persone, dal punto di vista esteriore e da quello interiore, in modo collegato e al tempo stesso indipendente dal loro genere e dalle loro caratteristiche sessuali primarie e secondarie. Mi piace una persona per il suo modo di fare, di essere, di pensare. Mi piace una persona anche per tutta la parte esteriore, ma non so a prescindere se mi potrebbe piacere in base ad alcune caratteristiche in particolare. Ogni persona considera bello e attraente qualcosa di diverso, a volte non si sa nemmeno il perché di questo interesse. Io trovo attraenti alcune caratteristiche, anche molto diverse tra loro, e per alcune persone queste caratteristiche potrebbero risultare anche contraddittorie (se si pensa a ciò che è convenzionalmente riconosciuto come riconducibile al femminile e al maschile). Trovo attraenti delle persone per il loro essere interiore ed esteriore nel complesso, e ogni singola caratteristica è importante e gioca un ruolo fondamentale nel creare questa attrazione.
D – Spesso, quando si parla di coming out, si dà per scontato che sia una dichiarazione di omosessualità. Ma anche le persone bisessuali fanno un vero e proprio coming out e, esattamente come per le persone omosessuali, arriva un momento della vita in cui la società o il contesto in cui si vive rende necessario farlo. Come sono stati i tuoi coming out?
R – Ad un certo punto fare coming out diventa qualcosa di quasi abituale. È vero che ci sono momenti in cui si sente il bisogno di mettersi a parlare seriamente con delle persone, come per esempio i propri genitori, e di fare “il discorso”. Però poi molti coming out sono veloci e senza troppi giri di parole. Ma una cosa è sicura: non sono mai facili. Possono essere percepiti come più o meno impegnativi, ma fare coming out, anche solo dicendo in ufficio “sai che l’altro giorno io e la mia compagna siamo state in quel ristorante…”, non è facile. L’altra persona non sa niente, è molto probabile che non se lo immagini neanche, e buttare lì, nel mezzo di una conversazione qualunque, che stai con una donna, potrebbe potenzialmente compromettere tutta la tua vita lavorativa. Forse sembra esagerata come paura, ma ci sta, non si può mai sapere.
D – Cosa consiglieresti di fare a chi è in dubbio sul proprio orientamento sessuale e potrebbe essere bisessuale? Hai qualche suggerimento di lettura o visione al riguardo?
R – Ho sempre pensato che la maggior parte delle persone che ha dei dubbi, in fondo ha un motivo per averne. Se una persona sente di provare qualcosa e queste emozioni/sensazioni creano incertezze e domande, probabilmente ci sono aspetti da approfondire. Quindi, dopo un bel respiro, credo che la cosa migliore per una persona in questa situazione sia accettare di dover essere aperta e sincera con sé stessa. E a quel punto gli step principali penso che siano tre: informarsi, confrontarsi e riflettere (attentamente, tanto, ma non troppo, e senza ascoltare le voci, i commenti e i pareri delle altre persone). Perché è importante capire, è importante conoscere le esperienze della gente intorno a te, soprattutto se potrebbero essere simili alla tua, ma è importante anche ascoltarsi. Ogni esperienza è unica, ogni persona è unica. Solo tu puoi sapere come ti senti esattamente. Solo tu puoi capire chi sei. E solo tu hai il diritto di dare un nome alla tua esperienza e alla tua identità.
La prima opera da suggerire che mi viene in mente è Heartstopper, una graphic novel da cui è stata tratta anche una serie televisiva. Uno dei protagonisti è un ragazzo che nel corso della storia capisce di essere bisessuale. È una storia dolce, adolescenziale, che però tocca tematiche molto forti, in modo delicato. Il tema della bisessualità è trattato molto bene, sia perché spiega in modo efficace cosa vuol dire, sia perché lo spettatore/lettore viene accompagnato facilmente e naturalmente nel percorso di scoperta e presa di consapevolezza del personaggio.
È una storia di adolescenti, ma penso che sia piacevole, emozionante e formativa per persone di qualunque età.